Si sveglia potente e io con lei.
Con la sua lingua profonda e antica. Lingua che comprendi anche se non puoi tradurla. Una lingua notturna che parla da nucleo a nucleo, mentre sotto le coperte ascolti e vibri con lei.
Comincia il suo respiro, diaframmatico, lunghissimo. Sono umori di lava. Messaggi dal magma primordiale. Una ferita profonda, un latrato che non puoi ignorare.
In questo tempo cangiante l’Etna parla di noi, accoglie e vomita, in un susseguirsi di contrazioni ed espansioni. Inesorabili. Necessarie.
Da dove e verso cosa?
È notte e ci si deve perdere. Una morte che si ripete ogni notte, nel sonno profondo. A quella morte può arrivare in modo diretto, mostrare la luce e il calore dietro la ferita. Lei lo sa, Sacra Madre.
Noi siamo ospiti e da ospiti tremiamo. Fino a quando non saremo terra e lava e vento e boati. E cielo stellato.
Smetteremo di tremare, esseri cosmici, e apriremo lo sguardo: da fuori verso dentro e quindi nuovamente verso fuori.
È notte e i pensieri sono profondi e non appartengono a noi.
Intuizioni che all’alba si nascondono alla mente razionale. Intuizioni che scorrono sotterranee per fare spazio al nuovo.
Un tempo nuovo. Chiamati a discernere cosa bruciare nel magma dolente. Un fluire che purifica e libera.
Terra fertile figlia del fuoco.
Raccolgo i semi e non piango più. Conservo le lacrime per dare acqua a nuovi germogli.
È tempo nuovo e l’Etna lo sa.
Questa notte ho smesso di tremare.
Ho fatto spazio.
Sono pronta ad accogliere questa primavera.
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